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Massimo Antonelli

Dopo averci incantato con le sue poesie pittoriche e con il minimalismo elegante delle sue istallazioni, sempre fedele alla grattugia, l’artista si cimenta ora con l’elaborazione digitale. La grattugia realizzata ad acrilico o con i colori a spray attraverso un modulo sempre uguale, è divenuta ora icona di sperimentazioni nuove, di modi di raccontare imprevedibili. Lì dove l’artista decideva nelle pitture i colori da utilizzare e di conseguenza sapeva, come nelle istallazioni, l’esatto effetto che avrebbe ottenuto, qui si tratta di lasciare al caso e all’istinto il sopravvento affidandosi completamente al computer e ai suoi programmi di elaborazione grafica: attraverso filtri, deformazioni, effetti pittorici e coloristici propri del digitale. In questo modo Massimo è riuscito non solo a disancorare l’oggetto dalla sua utilità, come nei lavori precedenti, ma qui risulta assolutamente difficile rintracciare il ricordo della reale natura di questi attrezzi. La fotografia di partenza è stata, seppur digitalmente, stravolta, ha perduto e per sempre, i suoi connotati, la sua identità. Il grattacielo dell’indifferenza, dei graffi, dei soprusi, della società contemporanea malata e priva di valori ed ideali, svetta più che mai imperioso sul paesaggio virtuale dell’opera. Così come una torre di Babele o un totem tribale, la sua santità oltre che celebrata viene definitivamente consacrata. La magia che sempre nasce dai lavori di questo artista, giovane nei sentimenti e sempre curioso e vigile del quotidiano, si carica ora di un sapore esoterico, impalpabile. La grattugia appare improvvisa e squillante su uno sfondo mocromatico scuro così come sembra che da un momento all’altro proprio quello sfondo così inquietante la  possa riassorbire. La vertigine del moderno che ancora una volta scaturisce dalle sue opere, ci affascina e contemporaneamente ci proietta verso l’alto, verso spazi sconfinati e porzioni inquantificabili di infinito.

Nori Zandomenego

MASSIMO ANTONELLI

After bewitching us with his pictorial poetry and with the elegant minimalism of his installations always faithful to the grater, the artist now measures himself with digital elaboration. The grater constructed in acrylic or with air-brushed colors through a form that is always the same has now become an icon of new experiments, of unpredictable ways to tell. There where the artist decided in painting what colors to use and as a consequence knew, as in the installations, the exact effect that he would obtain, here we deal with giving to instinct and case the upper hand trusting oneself completely to the computer and its graphic elaboration programs: through filters, deformations, pictorial and coloristic effects particular of the digital. In this manner Massimo has succeeded not only in cutting loose the object from its function, as in previous work, but here it turns out absolutely difficult to retrace the memory of the real nature of these utensils. The starting photography has been, even though digitally, overturned, has lost, and that forever, its connotations, its identity. The skyscraper of indifference, of scratches, of abuses, of the sick contemporary society without values and ideals, stands out more than ever imperiously on the virtual landscape of the work. Like a tower of Babel or a tribal totem, his sanctity, more than celebrated, is definitely consecrated. The magic that always rises from the works of this artist, young in sentiments and always curious and paying attention to the ordinary, now takes on an esoteric, impalpable taste. The grater appears out of nowhere and shrill on a dark monochromatic background so that it seems that from one moment to the next this disturbing background can reabsorb it. The dizziness of the modern that once again wells up from his works, fascinates us and at the same time propels us upwards, towards an unlimited space and indefinable portions of the infinite.

Nori Zandomenego

Opere

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