Maurizio Savini è un artista estremamente diretto nel suo riuscire ad affrontare specifiche tematiche mediante l’uso di una tecnica particolare che a prima vista sembrerebbe lasciare intendere tutt’altro. Le sue opere sono infatti realizzate utilizzando un materiale duttile come la gomma da masticare, nel colore più pop che possa esistere: il rosa Big Bubble. Così il “panna e fragola” della nota casa dolciaria diventa nelle sue mani un mezzo straordinario, concretizzazione di un pensiero che riesce a prendere forma nell’installazione polimaterica, e che permette all’artista di restituire un’attenta e analitica cronaca su alcuni aspetti di interesse universale, quali ad esempio la geopolitica e la geologia umana. Un artista colto, dunque, che guarda il mondo nel suo muoversi disorganico; che osserva l’uomo nelle sue azioni e nei suoi comportamenti schizofrenici; che tenta di ridisegnare una geografia dove i colori delle bandiere e i confini tratteggiati su di un improbabile mappamondo, non stanno necessariamente ad indicare guerra e morte, ma vogliono bensì “illuminare” un percorso che lasci intravvedere un epilogo, seppur incerto. Per tutti questi motivi Maurizio Savini lavora ormai da decenni intorno alle relazioni fra l’essere umano e ciò che lo circonda, il cui punto d’unione non risiede nella forma ma nel concetto che si focalizza sulla domanda anziché sull’esito, lasciando al pubblico l’onere della risposta.
Le opere di Savini si strutturano su argomenti di forte attualità, dimostrando un grande interesse per i problemi che oggi minano le relazione tra uomo-natura e uomo-uomo. “Non c’è estetica senza un’etica”, sembrerebbe pensare Savini. Un’etica che si avvale di un’estetica ipermoderna, fatta di oggetti e forme simulacrali, al fine di sostenere e costruire una serie di istantanee dell’identità contemporanea. Se dagli anni Sessanta del Novecento abbiamo visto come la comunicazione sia riuscita a prendere prepotentemente il posto dell’azione, creando prodotti che occupano uno spazio intermedio tra vero e falso, Savini sembra denunciare lucidamente la futilità di tale miracolo mediatico. L’immagine saviniana, che si fa di volta in volta spettacolo e simulacro, è il risultato attento del quadro politico, economico, culturale e demografico odierno. Nell’ultimo decennio la sua ricerca si è infatti focalizzata sulla rappresentazione della crisi economica che ha coinvolto l’intero emisfero globale, e che ha portato ad un’inevitabile perdita dell’identità e dei valori umani.
Ne deriva l’analisi puntuale di una realtà capitalistica che continua a cannibalizzare ogni cosa, uomini compresi, appannaggio solo di poche persone nel loro ruolo dualistico di vittime e carnefici.
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